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Norme, codici, regolamenti, decreti, circolari ministeriali… Il quadro italiano in materia di prevenzione incendio in Italia, come vedremo più nel dettaglio nel prossimo paragrafo, dipende da un insieme di variabili in continua evoluzione e in costante aggiornamento. Il professionista, il datore di lavoro, l'amministratore di un condominio e chiunque abbia un ruolo decisionale deve quindi fare i conti con sistemi di volta in volta differenti, in certi casi correlati e interconnessi fra loro. I due principali riferimenti per tutti i paesi dell'UE sono le normative europee da una parte e i regolamenti antincendio nazionali dall'altra. In Italia, ad esempio, le linee guida che definiscono i regolamenti antincendio nazionali sono contenute nel Codice di Prevenzione Incendi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (noto come DM 03 agosto 2015) e nel Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (D.lgs. 81/2008). Il primo decreto (Codice di Prevenzione Incendi) e il secondo disegno legislativo (Testo Unico) forniscono non un semplice orientamento bensì una normativa antincendio completa per molteplici attività.
Attenzione però, perché oltre a questi due emisferi, come abbiamo scritto, ci sono ulteriori vincoli transnazionali da considerare. Tra questi le normative dell'Organizzazione internazionale per la normazione, meglio conosciuta come ISO (International Organization for Standardization), con sede a Ginevra. Questa organizzazione regola la progettazione e produzione di numerosi accessori e prodotti per la sicurezza antincendio, dagli estintori agli impianti termici, dall'abbigliamento per la protezione individuale alla cartellonistica. Le normative ISO garantiscono il pieno rispetto di criteri di sicurezza, salubrità, ergonomia e funzionalità adeguati al contesto di utilizzo e ai rischi da fronteggiare durante il lavoro o comunque lo svolgimento delle attività soggette a obblighi e relativi controlli da parte dei Vigili del Fuoco o delle autorità competenti (ispettori, carabinieri, ecc).
Facciamo un esempio specifico per capire la differenza tra quella che può essere una normativa antincendio europea e un regolamento nazionale italiano. Il Codice di Prevenzione dei Vigili del Fuoco prevede che alcune tipologie di immobili e attività debbano realizzare e mantenere in funzione un impianto antincendio a norma di legge. Tale impianto, per essere in regola, dovrà includere una serie di accessori e dispositivi, tra cui estintori e idranti. Ebbene, questi estintori e questi idranti, così come la segnaletica di esodo, dovranno riportare i simboli ISO e CE in ottemperanza alla normativa antincendio europea, in base alla quale occorre avvalersi di prodotti idonei al rischio di incendio (prodotti fabbricati magari in un altro paese UE ma non di meno conformi ai criteri di sicurezza antincendio comuni all'Europa).
Arriviamo a questo punto al nocciolo della questione: che cosa stabilisce la normativa antincendio italiana, frutto in parte di ciò che viene recepito a livello comunitario? Senza addentrarci nella singola regola tecnica, possiamo rispondere elencando una breve lista di verità universali utili nelle più diverse cornici.
Possiamo fare un altro esempio pratico sulla falsariga del precedente. Immaginiamo il caso di un centro commerciale nel quale, per legge, sia previsto un impianto antincendio a norma. Tale impianto dovrà essere equipaggiato con una serie di accessori, tra cui rilevatori di presenza del fumo, in funzione 24 ore su 24 per segnalare il minimo pericolo. In base a quanto scritto finora, non potranno essere installati rilevatori qualsiasi, perché per avere un impianto a norma gli unici rilevatori ammissibili saranno quelli conformi alla norma tecnica ISO UNI EN 14604:2005. Rilevatori che non rispettano questa norma renderanno l'impianto fuori regola, con ovvie ripercussioni in termini di sicurezza.
Concludiamo questo approfondimento con un excursus dedicato all'adeguamento degli immobili. Se infatti i nuovi edifici devono nascere già per legge con tutte le prerogative antincendio del caso, gli immobili di vecchia concezione andranno ammodernati e messi in regola secondo i dettami europei e nazionali già esposti. In base all'altezza, alla capienza dell'immobile, al suo valore e prestigio storico e culturale, alla classe di rischio e così via, l'impianto dovrà essere aggiornato o revisionato di conseguenza, tenendo conto dell'accessibilità, della prevenzione, della sicurezza e della gestione dell'emergenza qualora si sviluppasse un rogo. Ma come definire il rischio con precisione? Qui esistono due criteri: da una parte le classi di rischio individuate nel D.M. 10 marzo 1998. Secondo questo Decreto le aziende sono classificate in base al rischio basso, medio o alto (a sua volta determinato dalla tipologia di attività svolta, dalla presenza e affluenza di pubblico, ecc). Dall'altra parte bisogna considerare anche i suggerimenti e le osservazioni del DVR, il Documento di Valutazione dei Rischi redatto da uno specialista abilitato. Se il DVR non è aggiornato o è assente, se l'impianto antincendio non è a norma, o se mancano altri presupposti per una sicurezza all'altezza della normativa, si può incorrere in sanzioni economiche salate e sospensioni temporanee dell'attività. Meglio quindi ammodernare i propri impianti nel rispetto dei requisiti di contrasto agli incendi in vigore.